Negli attacchi di grandi carnivori agli esseri umani c'è una differenza tra Paesi ad alto e basso reddito. Nel nord del mondo, i casi di attacco avvengono quasi sempre per difesa, a causa di comportamenti inappropriati da parte dell'uomo,  e si verificano mentre le persone svolgono attività ricreative, come passeggiate e campeggio. Nel Paesi a basso reddito invece il 90% degli attacchi è di tipo predatorio e si verifica durante attività di sostentamento come l'agricoltura, la pesca o il pascolo del bestiame. Ed è in questi paesi che avviene la maggior parte degli attacchi mortali, per esempio da parte di leoni e tigri. A dirlo uno studio condotto dal Museo delle scienze di Trento. Si tratta del primo studio globale su questo tema. Sono stati analizzati oltre 5mila casi di attacchi alle persone da parte di 12 specie di grandi carnivori in tutto il mondo avvenuti in 70 anni, tra il 1950 e il 2019. L’indagine ha evidenziato differenze negli scenari e nelle frequenze in cui avvengono questi attacchi. Differenze legate sia alla diversa ecologia delle specie considerate, sia al contesto socioeconomico e ambientale. Diverse sono quindi anche le strategie per ridurre il rischio di attacco. Se nei Paesi a basso reddito, dove la coesistenza con i grandi carnivori è per lo più involontaria e obbligata, migliorare la coesistenza è più complesso, nei Paesi ad alto reddito è necessario puntare su campagne di educazione rivolte a residenti e visitatori che frequentano le aree abitate da grandi carnivori.
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