Quale acqua dalla fusione del permafrost di alta montagna? Lo studia un progetto Euregio
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Al via nelle prossime settimane uno studio di Libera Università di Bolzano, Fondazione Edmund Mach e Accademia Austriaca delle Scienze sulla qualità delle acque provenienti dai “rock glaciers”, spesse coltri di detrito – simili a ghiaioni – ma contenenti ghiaccio al loro interno. Ad oggi, infatti, sono poco noti i loro effetti sui sistemi idrologici ed ecologici. L’innalzamento delle temperature nell’atmosfera sta provocando la scomparsa dei ghiacciai alpini. Ma questo processo riguarda anche il permafrost, ovvero il suolo permanentemente gelato. Il ghiaccio nascosto è molto importante perché, al pari di quello visibile, influisce sulla quantità e qualità delle acque di sorgenti, ruscelli e torrenti che scorrono nelle nostre vallate. Nelle sorgenti alimentate dai rock glaciers si trovano disciolte numerose sostanze chimiche, tra cui alcuni metalli pesanti, nickel, zinco, addirittura uranio, che spesso vengono rinvenuti a concentrazioni elevate. Nonostante non si sappia ancora bene quale sia l’origine di queste sostanze, la contaminazione delle acque è un potenziale problema ambientale. Sulla base delle risultati che si otterranno, sarà possibile pianificare una gestione idrica dei bacini d’alta quota, soprattutto per il loro utilizzo nell’irrigazione o come acqua potabile. Inoltre, il progetto fornirà informazioni anche per la salute pubblica in merito alle resistenze dei microbi ai metalli pesanti, che possono rendere inefficaci anche molti antibiotici. k